traduzione e riscrittura dall'opera di Shelley, Artaud, Stendhal e dagli atti del processo contro Beatrice Cenci di Giorgia Cerruti e Davide Giglio
regia Giorgia Cerruti
regista assistente Alessia Donadio
con Davide Giglio, Francesco Pennacchia, Francesca Ziggiotti, Giorgia Cerruti
visual concept, disegno luci Lucio Diana
sound design, composizione Guglielmo Diana
ideazione costumi Serena Trevisi Marceddu e Giorgia Cerruti
produzione Centro Teatrale Bresciano, Teatro Stabile Torino - Teatro Nazionale, Sardegna Teatro, Scarti / Centro di Produzione, La Spezia
in collaborazione con Piccola Compagnia della Magnolia
con il sostegno in residenza di creazione presso Teatro Akropolis, Genova
“Vorrei provare a innalzare la storia di questa famiglia rinascimentale italiana a simbolo di vulnerabilità alla violenza contemporanea e al patriarcato dominante.
Una donna sfida il potere virile e parla all'umanità attuale, rivelando le pieghe più subdole dell’odierno potere imperante”. Così Giorgia Cerruti presenta il suo nuovo lavoro.
11 settembre 1599, Roma. Beatrice Cenci, nobildonna appartenuta a una delle più influenti famiglie della capitale, viene decapitata per parricidio durante il pontificato di Papa Clemente VIII, per essersi difesa dai ripetuti abusi di un padre violento e depravato.
Vittima prima dei soprusi, poi della giustizia che ignora le richieste di aiuto.
Il processo, cui assistono ammutoliti anche Caravaggio e Artemisia Gentileschi, spacca la città: “Aver volontà di togliersi dall’ingiustizia é delitto o justizia”?
Nel tempo la vicenda appassiona e commuove straordinari artisti: Stendhal, Shelley e Artaud raccontano l’accaduto con la propria sensibilità, permettendo di tracciare una linea che, attraverso i secoli, denuncia l’anarchia del male, il sacrilegio come rovescio della religione, la responsabilità personale dell’ingiustizia che si propaga all’intera società, la religione come fondamento - tutt’oggi - dell’edificio sociale del nostro Paese, malato e bisognoso di laicità”.