DAL 20 FEBBRAIO 2024 AL 25 FEBBRAIO 2024 - Teatro Sociale
di Molière
traduzione e adattamento Letizia Russo
regia Luigi Saravo
con Ugo Dighero, Mariangeles Torres, Fabio Barone, Stefano Dilauro, Cristian Giammarini, Paolo Li Volsi, Elisabetta Mazzullo, Rebecca Redaelli, Luigi Saravo
scene Lorenzo Russo Rainaldi, Luigi Saravo
costumi Lorenzo Russo Rainaldi
musiche Paolo Silvestri
movimenti coreografici Claudia Monti
luci Aldo Mantovani
produzione Centro Teatrale Bresciano, Teatro Nazionale di Genova, Teatro Stabile di Bolzano, Artisti Associati Gorizia
Ugo Dighero è Arpagone, personaggio tragicomico protagonista del capolavoro di Molière; al suo fianco, Mariangeles Torres, impegnata in un doppio ruolo: sarà Freccia, il servitore che sottrae la cassetta di denaro di Arpagone, e la domestica Frosina, personaggi che, insieme ad Arpagone, muovono l’azione, scatenando un irresistibile e frenetico gioco degli equivoci.
Ma è la cupidigia, la sfrenata avarizia, l’amore ossessivo per il denaro il tema dello spettacolo che Luigi Saravo porta in scena oggi, in una nuova versione. In un epico scontro tra sentimenti e soldi, la regia mette a confronto le dinamiche descritte da Molière con la società di oggi, ambientando lo spettacolo in una dimensione che rimanda al nostro quotidiano. Saravo gioca su riferimenti temporali diversi, dagli smartphone agli abiti anni Settanta, passando per gli spot che tormentano Arpagone (la pubblicità è il diavolo che potrebbe indurlo nella tentazione di spendere il suo amato denaro). Anche le musiche originali di Paolo Silvestri si muovono su piani lontani tra loro, mentre la nuova traduzione di Letizia Russo, fresca e diretta, contribuisce a dare al tutto un ritmo contemporaneo.
“La narrazione dell'Avaro di Molière – spiega Saravo – ruota attorno a un tema centrale, cui tutti gli altri si riconnettono: il danaro. Il danaro e la sua conservazione, il suo sperpero, il gioco d'azzardo, l'acquisto di beni e il loro degrado che porta all'acquisto di nuovi beni, i prestiti, gli interessi e i rapporti di potere che dal danaro discendono.
Nella nostra contemporaneità orientata al consumo, definita dalla necessità di far circolare il danaro inseguendo una crescita economica infinita, il gesto conservativo e immobilista di Arpagone ci suona come finanziariamente sovversivo, in netta opposizione alla tirannia consumistica, alla pubblicità che ne è motore, e alla patologia del desiderio.
Intorno ad Arpagone si muovono poi gli altri personaggi, apparentemente vittime della sua tirannia, ma, in realtà, figure votate a ideali ben riconoscibili in questo slittamento di contesto. Si lamentano della loro prigionia, della loro sottomissione forzata alle volontà di Arpagone ma, in realtà, sono personaggi sottomessi soprattutto al vincolo economico che li lega a lui, potenzialmente capaci di sottrarsi a quella tirannia, se disposti ad abbandonare la casa e gli averi promessi. Per dirla con Voltaire: gli uomini odiano coloro che chiamano avari solo perché non ne possono cavar nulla”.